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venerdì 6 ottobre 2017

Che Guevara e noi: la memoria tradita.

Ci permettiamo di dire la nostra su una delle produzioni editoriali dedicate a Ernesto Che Guevara che in questi giorni possiamo trovare in edicola e in libreria. Ci riferiamo a "Che Guevara. Cinquant'anni dopo" che proprio oggi, 6 ottobre, è acquistabile con L'Espresso. Un bel prodotto, non c'è dubbio. Molto ben confezionato e con decine di stupende foto. I testi in gran parte si avvalgono dell'immenso archivio del giornale e quindi i nomi di eccellenza non mancano (Sartre ad esempio), così come non manca qualche (ma solo qualche) firma interessante più agganciata alla contemporaneità. Ma l'introduzione di Tommaso Cerno, direttore de L'Espresso, perché è lì? Sì, è il direttore. Ma perché chiunque si deve sentire in dovere di scrivere di qualunque cosa su qualsiasi argomento? Perché non torniamo al giornalismo di qualche anno fa, quando a dedicarsi a questa attività erano professionisti che avevano una competenza su quello che scrivevano. Cerno è un professionista. Ma si capisce che quando scrive di Guevara si serve di luoghi comuni consunti anche dal tempo. Cito: "E così il Che si è fissato nella memoria collettiva. E' rimasto Che, perché è l'icona perfetta dei nostri tempi. L'era delle fake news, dove ognuno si prende il pezzo di verità che più gli fa comodo. E il Che si può amare o si può odiare, anche senza conoscerlo." Forse è lui, Cerno, che non lo conosce. Quelli che amano il Che, lo amano proprio perché lo conoscono, per quello che ha scritto e per quello che ha fatto. E non è affatto l'icona perfetta dei nostri tempi. I giovani, caro Cerno, le magliette con il Che non le portano più ormai da parecchio. Le icone dei nostri tempi, purtroppo, sono altre. E se il direttore de L'Espresso si guardasse un po' di più intorno troverebbe delle icone, dei miti, un po' diversi dal Che... Quindi rispediamo al mittente l'era delle fake news, il Che non c'entra nulla con questo mondo virtuale messo in piedi dai media digitali. Che Guevara appartiene al mondo della solidarietà e della giustizia, basterebbe analizzare il suo dato biografico per capire che non esiste nessun "pezzo" di verità. Eduardo Galenao, che forse qualche elemento di conoscenza in più sul Che e sull'America latina lo aveva, ha detto “il Che faceva quello che diceva, diceva quello che pensava e pensava così come viveva”, sottolineando appunto l'elemento di coerenza estrema che caratterizzava Guevara e che tutti, anche i suoi detrattori, gli hanno sempre dovuto riconoscere.
Comunque Cerno conclude: "Un'icona, appunto. Come le canzoni in inglese che si cantano con le lacrime agli occhi. Per poi accorgersi che non capiamo cosa dicano davvero."
Ma a chi si riferisce? Perché chi legge il suo pezzo dovrebbe non essere in grado di capire il messaggio, universale, di Che Guevara? Rimaniamo con questo interrogativo. L'unica cosa che si evince chiaramente dall'articolo di Cerno è che lui Guevara non è riuscito proprio a capirlo. Ma allora perché ne scrive?

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